Prof.ssa Mirta Bajamonte – Biomedico, Biotecnologo, Università Ludes (Malta), Vice-Presidente LIMAV Italia

L’intervento della Prof.ssa Bajamonte alla Conferenza svoltasi a Palazzo Montecitorio per i 30 anni della LIMAV – Analisi e proposte per i metodi alternativi di ricerca scientifica specie specifica:

Sono molto lieta di far parte del tavolo di lavoro di e di essere qui: a questo luogo mi lega un rapporto familiare perché ho avuto mio padre parlamentare per 15 anni, impegnato nell’ambito della sanità. Essendo sempre stato un esperto di trapianti d’organo, ha portato la sua esperienza in Commissione Sanità ed è stato poi l’autore della legge sulla donazione di organi, sul trapianto di fegato tra viventi ed è colui che ha creato il Centro Nazionale Trapianti. Oggi si ritrova una figlia che invece vuol mettere in piedi un progetto di ricerca su organi e tessuti umani, per soppiantare i trapianti d’organo. Sono quelle situazioni familiari un po’ atipiche. Ritornando un po’ indietro, io ho avuto un colpo di fortuna, un anno e mezzo fa: mi occupo di fecondazione assistita da 27 anni e nell’ambito della fecondazione assistita sono dal Ministero della Salute riconosciute le biobanche di tessuti. Per questo motivo, nell’ambito delle biobanche ho ovviamente acquisito una grossa esperienza, sia per realizzarle, sia per gestirle che nel capire come portare avanti la ricerca. Nel settore delle biobanche siamo conosciuti, perché nel campo dell’infertilità abbiamo da alcuni anni sviluppato metodi di prevenzione. Per questo motivo, oltre ad aver sviluppato esperienze e protocolli nell’ambito della crioconservazione di ovociti umani, facciamo anche crioconservazione dei tessuti riproduttivi maschili e femminili. Lo scopo non è soltanto l’applicazione clinica, ma anche proprio nel campo della ricerca. Il nostro problema fondamentale è stabilizzare la qualità degli ovociti perché tutte le tecniche di fecondazione assistita, sono perfettamente standardizzate e garantiscono la gravidanza anche in casi clinici molto gravi. L’unico problema fondamentale sono le patologie del tessuto ovarico perché quando una paziente accede ad un programma di fecondazione assistita per un problema di endometriosi, o per un problema di menopausa precoce, oppure per un problema di policistosi ovarica, quanto più avanzata è l’età della paziente, tanto più si aggrava il problema. La qualità ovocitaria diventa molto scadente, quindi anche se gli embriologi sono i migliori esperti dell’applicazione delle bio-tecnologie e di tutte le tecniche di fecondazione assistita, se abbiamo una ovocita sia pure in meta fase 2, cioè maturo per essere fecondato, ma con delle caratteristiche biologiche da tessuto ovarico patologico, non otteniamo comunque la gravidanza. Possiamo anche ottenere la fertilizzazione forzando, ma difficilmente arriverà all’impianto dopo. Questo tipo di esperienze comprende anche il campo del tessuto testicolare.

Io mi reputo una persona fortunata, perché ho fatto sempre e soltanto ricerca sulla specie umana. Dunque questo mi fa pensare che la ricerca oggi ci dia risultati solo su specie umana. Io ormai non parlo neanche più di metodi alternativi ma di metodi sostitutivi e parlo solo di ricerca su specie umana.
L’animale non serve in laboratorio: è un fallimento totale ed i fallimenti non vengono pubblicati. All’AIFA quando vengono fatti gli esperimenti su specie animale e poi si passa a trials clinici fase 1 e fase 2, la maggior parte dei farmaci non passa in fase 3b.
Dunque non si arriva a farmaci che vanno in commercio, ma questo non viene pubblicizzato e non viene detto perché non conviene alle lobbies.

E’ questo che mi ha fatto comprendere che forse era il caso di ricercare in modo etico. Approvo molto il riferimento del Prof. Bruno Fedi all’esigenza di un approccio della bioetica, lo facciamo anche noi nel campo della fecondazione assistita, perché comunque nella ricerca, devi sempre avere una posizione di autocritica.
Alcuni relatori precedenti hanno detto che l’animale magari in certe situazioni, può avere avuto una sua pseudo-utilità. L’animale ha una condizione di cattività che non è la sua condizione ambientale naturale, per cui l’assetto neuro-endocrino è assolutamente alterato. Dunque, scientificamente la sperimentazione animale oggi non ha più nessuna validità.
Ma prendo il testimone di un progetto che era nato da un po’ di tempo: il progetto Penco, nato grazie alla mia collega dell’Università di Genova Susanna Penco, affetta da SLA, la quale ha detto “io per prima non condivido la S.A. a e metto a disposizione il mio cadavere“. Ho fondato Penco Bioscience che è diventata un erede trasformato, che promuove a 360° la ricerca su organi e tessuti umani.
In che modo lo stiamo facendo? Stiamo promuovendo sul territorio nazionale il tesseramento a Penco Bioscience per donare organi e tessuti umani con tre opzioni: in vita, post interventi chirurgici, post mortem.
In questo momento non spingiamo molto il cadavere perché vorremmo entrare sul territorio per cercare di ottenere una sensibilizzazione da parte dell’opinione pubblica che è già in corso. Io pensavo di avere corrispondenza soltanto da colleghi del mondo scientifico o da personaggi magari di fascia alta a livello culturale o professionale, che potessero avere un approccio al linguaggio scientifico più facile per capire le motivazioni per cui noi promuoviamo la donazione di organi tessuti anche in vita, oltre che post mortem. Invece, devo dire che il cittadino comune, la casalinga, l’impiegato, sta aderendo all’iniziativa. Ovviamente cerchiamo in questo momento di non spingere molto sul cadavere umano, perché sappiamo che qui in Italia c’è la sede del Vaticano e ci sono motivazioni religiose di varia natura, alla quale noi poniamo attenzione. Io che sono il presidente dell’operazione non è che mi ponga tanto il problema di mettermi contro determinate correnti, però a fine luglio ne faccio 50 e un poco di esperienza forse l’ho fatta e quindi ho capito che tante volte per aggirare il nemico è meglio una strategia di mero attacco frontale. E allora stiamo facendo un po’ di attacco frontale e un po’ di strategia, quindi per il momento il cadavere lo mettiamo un attimo nel cassetto, poi se riusciamo bene, ma intanto il tesseramento per la donazione di organi e tessuti lo stiamo portando avanti soprattutto nella seconda opzione.

La domanda a questo punto è: organi e tessuti donati, dove li metto? non certo nel congelatore di casa ed ecco che allora nasce il sistema di biobanche.

Ma anche qui va fatta una distinzione molto chiara dalle biobanche che stoccano organi donati eventualmente per i trapianti, dalle biobanche che esistono oggi per lo stoccaggio di sangue condonale al parto (è un altro argomento su cui potremmo fare una conferenza a parte, mentre sulle staminali faremo diciamo un breve accenno).
La nostra posizione è quella di creare delle biobanche dove stoccare organi e tessuti donati ai fini della ricerca, ma i fondi pubblici non arrivano: nè dallo Stato, nè da il Ministero e neppure dal Centro Nazionale Trapianti, motivo per cui ci stiamo muovendo con delle holding straniere che hanno appoggiato il progetto e che ci stanno permettendo (questa è un’anteprima) di realizzare la nostra prima biobanca in Sicilia, ad Enna, in un parco dove c’è attualmente un agriturismo che noi sfrutteremo come campus per gli studenti che si verranno a formare li e che verranno a studiare o che verranno a fare ricerche in qualità di laureati e creeremo la prima biobanca per la ricerca con il marchio Penco BioScience, perché non so da quale base ereditaria (mio padre che ha sempre svolto attività clinica e poi di parlamentare, mi ha detto che forse l’aspetto del management l’ho ereditato da mio nonno), ma io dopo 27 anni sto abbandonando l’attività clinica perché devo necessariamente occuparmi del management di questo tipo di progettualità e devo coordinare una squadra alla quale devo dire che tipi di progetti di ricerca dobbiamo fare.
Non appena biobanca sarà pronta, ci verranno stanziati i primi 12 milioni di euro, nell’arco di massimo sei mesi, per cui reputo che tra un anno e mezzo la prima biobanca sarà operativa e si porrà sul territorio ovviamente come struttura totalmente privata.
Stiamo inoltre trovando il sistema per legarci alla presidenza del comitato di bioetica; stiamo parlando con l’AGENAS e stiamo facendo in modo che determinate istituzioni politiche nazionali di rilievo possano metterci il bollino di certificazione di qualità.
Ovviamente il curriculum dei professionisti che io sto valutando è di fascia molto ma molto elevata, internazionale e non soltanto italiana, in modo tale da poterci poi proporci alle università italiane per fare delle convenzioni esterne dove noi forniremo i finanziamenti per le borse di studio i dottorati di ricerca che queste povere Università italiane cercano sempre come disperate e non trovano, in modo tale da poter convogliare i laureandi o i laureati presso le nostre strutture.
Vogliamo dare la possibilità alle nuove generazioni di entrare a gamba tesa direttamente dai banchi universitari al campo della ricerca specificatamente su specie umana, quindi faremo anche i corsi di formazione: il nostro obiettivo è quello di andare a studiare l’organo e il tessuto, i quali appartengono a persone, per cui abbiamo messo in campo una squadra di avvocati che stanno lavorando per quello che riguarda il consenso informato, i nulla osta delle direzioni generali e sanitarie delle strutture che ci potranno dare organi e tessuti dopo gli interventi chirurgici dietro richiesta del paziente, un po’ come succede oggi per la donazione del sangue condonale al parto o per la conservazione autologa nelle strutture all’estero.
Un’altra cosa altrettanto importante è che noi stiamo creando una realtà che ovviamente entra a gamba tesa su un campo e che e si metterà, non dico di traverso, ma camminerà su un binario parallelo e che funziona, andrà giocoforza a soppiantare il meccanismo che oggi esiste e che è quello dei trapianti da donatori.
Il nostro obiettivo è quello di studiare le parti anatomiche di persone, che hanno una loro patologia e una loro storia famigliare per quella patologia e magari studiando quella parte anatomica, scoprire che ci sono altri tipi di patologie o delle predisposizioni genetiche ad altri tipi di patologie.
Apro qui una parentesi: alcuni anni fa è uscita la notizia che un gruppo di ricercatori della Germania avevano scoperto le cellule staminali mesenchimali nella corticale del tessuto ovarico. C’è stato un gran ballare di samba perché erano state scoperte le staminali nel tessuto ovarico: ma il tessuto ovarico è un tessuto germinativo che produce ovociti per la riproduzione quindi è il primo tessuto dove possono stare le staminali! quindi io, come tanti nel campo della fecondazione assistita ci siamo domandati dove stesse lo scoop di quella notizia.

Per riprendere quello che stavo dicendo, è chiaro che il nostro scopo di studiare organi e tessuti ci porterà al tentativo di creare organi e tessuti in vitro autologhi del donatore.
C’è qualcuno che dal Vaticano già mi fa sapere che è meglio che non lo faccia in Italia, ma io in questo momento il problema non me lo pongo, perché al momento c’è Malta che ha approvato il progetto: in fondo, alla fine, se un personaggio nasce e i suoi pezzi di ricambio non ce li ha stoccati in Italia ma da un’altra parte, dov’è il problema?

Vi preannuncio un’altra cosa: noi entreremo a gamba tesa su un campo di ricerca che è assolutamente innovativo, di cui oggi ancora nessuno ha parlato, che è il microbioma umano.
Il microbioma umano è un campo della ricerca nuovo, dell’ultimo anno e mezzo; se cercate in letteratura c’è veramente molto poco. Il microbioma umano sta cominciando a spiegare come molte patologie, partendo dal sistema nervoso centrale quali depressione, disturbo bipolare, stress forse Alzheimer e Parkinson, dipendono da una serie di alterazioni di batteri, virus e miceti presenti nel nostro intestino dalla nascita e che sono alla base dello stato della nostra salute, perché questi batteri, questi virus e questi miceti nascono con noi e muoiono con noi, vivendo con noi in simbiosi. Motivo per cui se non li alimentiamo nel modo giusto e loro mantengono la loro presenza in modo sano nel nostro intestino, molte patologie non compariranno mai, mentre appena compare uno squilibrio che si chiama disbiosi intestinale, si presentano una serie di patologie.

Per questo noi abbiamo creato un figlio di Penco BioScience, un istituto di ricerca che si chiama CERM (Centro di Ricerche Sperimentali sul Microbioma Umano) a Malta, che sta avviando degli studi significativi su specie umana nel campo del microbioma.

E vi do una ulteriore anteprima: con la mia cara collega e amica Christine Castellitto qui presente, che è medico veterinario specialista in applicazioni di staminali in campo cardiologico veterinario, abbiamo fondato un parallelo di Penco BioScience è Giordano BioScience cioè un sistema di biobanche per lo stoccaggio di organi e tessuti animali per la ricerca, una ricerca che ha come scopo il benessere animale esattamente come nel campo umano, per cui 10 giorni fa a Bologna, abbiamo fondato il CERMA (Centro di Ricerche Sperimentali sul Microbioma Animale).

Concludo dicendovi che la prima biobanca che nascerà in Sicilia sarà biobanca figlia di Penco BioScience e cominceremo a studiare microbioma umano per la specie umana e microbioma animale per aiutare gli animali: questo vuol dire avere la possibilità di lavorare su materiale biologico umano per curare gli esseri umani e la possibilità di poter lavorare su materiale biologico animale per curare gli animali senza bisogno di uccidere o creare sofferenze inutili, ma lavorando in maniera etica ai fini di spiegazioni di cause a monte di patologie e quindi il loro tentativo di cura o comunque di prevenzione perché se ne comprendono le cause.

Io vorrei sapere quale ricercatore può sostenere ancora oggi motivi per continuare la sperimentazione animale.

Chiudo dicendo anche questo: stiamo cercando di bussare ad alcune multinazionale farmaceutiche. Siamo noi che andiamo a rompere le scatole al nemico (non vi dico quali sono perché non sarebbe corretto: sono ancora discorsi che si fanno in stanze chiuse). Bisogna far capire che il business possono continuare a farlo; basta spostare i riflettori. loro ottengono il business e noi otteniamo quello che vogliamo.”

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